I disastri
della Guerra 31. Che
affronto! Un soldato napoleonico, visibilmente indignato, si appresta a
tagliare con la sua spada le corde da cui pendono tre presunti collaboratori
impiccati dai patrioti spagnoli; alle sue spalle un militare sostiene le
gambe del giustiziato per attutirne la caduta. Come in altre stampe della
serie (cfr. 32, 33, 37, ecc.) l'albero sovverte la sua significazione di
elemento piacevole della natura per trasformarsi in strumento di tortura.
Sulla sinistra, un altro soldato sostiene una donna mentre un secondo
militare si scaglia su di lei, in un gruppo confuso e mal risolto. 32. Perché? Tre militari napoleonici impiccano un patriota. La crudeltà
dell'azione è condensata nel volto agonico e nei capelli increspati del
disgraziato spagnolo che viene soffocato nel modo più patetico: due soldati
lo tirano per le gambe mentre un terzo lo spinge con il piede appoggiato
sulla sua spalla; tutti fanno forza e tirano il corpo legato all'albero,
nuovamente trasformato in strumento di tortura. La tensione della scena è
trasmessa mediante una composizione dinamica basata su diagonali. 33.
Che altro si può fare? Un gruppo di mamelucchi trattiene per le gambe un prigioniero
nudo che un altro soldato sta per mutilare all'inguine. Altri corpi mutilati
appaiono nelle stampe 37 Questo è peggio e 39 Gran impresa, con morti! Per
Goya tutta queste serie di crudelissimi atti di barbarie è provocata
dall'eclisse della ragione, che trasforma l'uomo in bestia (cfr. anche la
stampa 2 Con o senza la ragione). 34. Per un coltello La garrota fu generalizzata come metodo di esecuzione dal re
intruso Giuseppe I nel 1809. Il suo utilizzo, risalente a epoche lontane, era
già stato anteriormente illustrato da Goya nella stampa El agarrotado
(1778-1780), ma in questo contesto dei Disastri raggiunge una nuova
dimensione critica. Il possesso di un'insignificante arma bianca (il coltello
appeso al petto del reo, sopra il testo della sentenza) può condurre un uomo
qualunque, magari neanche un patriota, al patibolo. Comunque, regolarmente
assistito dall'ausilio della religione (il crocefisso tra le mani). Il popolo
contempla impotente la pena, tra i singhiozzi. 35. Non si può sapere perché Un gruppo di spagnoli è stato giustiziato con la garrota, forse
per l'illecito possesso delle armi che pendono dal loro collo o per essere
delle spie, nel caso di coloro che hanno solo il foglio indicante il delitto.
Poiché tali colpe erano considerate gravi e dunque motivo sufficiente per
l'esecuzione, come indicano editti e sentenze, i volti dei giustiziati, con
il loro aspetto di poveri diavoli, permettono a Goya di ironizzare sulla
presunta giustizia francese, che pretende di non perseguire altri scopi se
non "che i buoni riposino protetti dalle leggi, che i cattivi temano il
castigo e ciò serva a tutti da esempio" (Gaceta de Madrid, 8 febbraio
1810). 36. Neanche qui Il titolo della stampa continua il senso della precedente:
Neanche qui si può sapere perché. Un presunto guerrigliero pende impiccato
con la sua cintura da un albero secco (il motivo della simultaneità della
morte ritorna, con gli impiccati sullo sfondo). Al vituperio di una morte
considerata infame, dal 1809 si generalizzò il metodo della garrota, si
aggiungono i calzoni abbassati. In contrasto con la drammaticità della pena,
spicca l'atteggiamento tra il malinconico e il meditabondo del polacco,
paradigma dell'orrore e dello spirito sanguinario tra le file napoleoniche,
unico elemento vivo presente nella scena. L'indolenza dell'essere umano
davanti agli orrori della guerra porta a una sorta di patetismo assente dalla
stampa che probabilmente servì a Goya come fonte d'ispirazione diretta:
l'incisione 11 de Les Misères et les Malheurs de la Guerre di J. Callot
(1611). 37. Questo è peggio Un prigioniero spagnolo nudo è
stato impalato a un albero secco e mutilato agli arti superiori; sullo
sfondo, in un piano inferiore, nascosti in parte, due militari napoleonici,
l'uno armato di sciabola, l'altro di coltello, sembrano mutilare un
prigioniero. Sulla sinistra, un militare trascina un cadavere verso il
gruppo. Questa acquaforte, che rappresenta la barbarie francese, ha il suo
contrappunto nella 39 Gran impresa, con morti!, dove si espone quella dei
patrioti. In entrambi, l'albero diventa oggetto di tortura (cfr. 32 Perché?). 38. Barbari! Due archibugieri napoleonici si apprestano a fucilare, alle
spalle e legato a un albero, un prigioniero; in un secondo piano inferiore
-impiegato anche nella precedente stampa- il resto del distaccamento
contempla la scena. Il titolo assegnato da Goya non lascia dubbi
sull'intenzionalità di tutto il gruppo di acqueforti (32-39): Barbari! 39. Gran
impresa, con morti! I cadaveri mutilati (i due a sinistra sono stati evirati) che
pendono dall'albero vanno identificati con i tre presunti traditori. La morte
disonorevole (forca, sgozzamento, ecc.) e la successiva mutilazione delle
membra per l'esibizione pubblica per strada o in luoghi di passaggio costituì
una pratica selvaggia del popolino "patriota" contro coloro che
venivano sommariamente indicati come traditori. Di ciò si sono occupati anche
gazzettini e memoriali dell'epoca. Goya si scaglia di nuovo contro
l'ignoranza, presentando alla riflessione dello spettatore questo
"monumento di barbarie e di atrocità". La firma Goya appare incisa
nell'angolo inferiore sinistro. 40. Qualche
vantaggio otterrà Un uomo scalzo, rappresentazione del popolo spagnolo impoverito,
lotta contro il Bull Dog britannico che soffia mostrando i suoi affilati
canini. Gli alleati britannici con Wellington in testa qualche vantaggio
otterranno dal loro intervento armato nella Guerra d'Indipendenza (Peninsular
War), come lamenta la stampa dell'epoca, che menziona distruzioni e saccheggi
inutili causati dalle truppe alleate. Questa acquaforte segna un punto di
inflessione nella metà della serie. |