I
Disastri della Guerra di Goya: una suite visuale
John T. Spike Tra tutti i
grandi artisti europei, Francisco Goya è l'unico il cui genio si rivela
pienamente solo nelle sue incisioni. Non avremmo
capito Goya se non ci avesse lasciato i Caprichos (1799), Los Desastres
de la Guerra (1810-20), e Los Disparates (1816-20). La
decisione di consegnare all'arte grafica i suoi sentimenti più nascosti,
arrivò tardi nella sua vita artistica e rappresentò il punto di distacco
dalla sua brillante carriera di ritrattista ufficiale di corte, pittore
d'affreschi per chiese e disegnatore d'arazzi. El sueño
del la razon produce monstruos - il frontespizio ai Caprichos - fu
l'improvvisa rivelazione che Goya ebbe della oscura attrazione che la
superstizione, l'ignoranza e la disumanità dell'uomo verso l'uomo
esercitavano su di lui. E' come se due episodi della sua vita - la malattia
del 1792 che lo lasciò sordo e la sua ardente storia d'amore con la Duchessa
d'Alba - avessero liberato, in un modo misterioso, la capacità immaginativa
di Goya. Queste due esperienze susseguenti di disperazione e di resurrezione
ebbero l'effetto di rompere il suo mondo emozionale. Non rinunciò alla sua
carriera per la cui costruzione aveva così diligentemente lavorato. Ma da
questo momento in poi si rese conto che le vecchie formule di "pittura ufficiale"
erano morte così come lo erano, pensava, le finzioni che la chiesa e lo stato
utilizzavano per mantenere il potere. Dopo il 1799, il vero soggetto di Goya
fu il tragicomico teatro della vita che metteva in scena la sua
rappresentazione all'aria aperta, davanti ai suoi occhi. Lo vidi è il suo
laconico commento su uno dei Desastres. Lo vidi fu la rivelazione di Goya:
questa è la verità. L'invasione
napoleonica della Spagna, 1807-1813, e le sue conseguenze catastrofiche per
il popolo spagnolo, costrinsero l'artista, allora sessantaduenne, a
recuperare quante lastre di rame potesse trovare (molte usate o rovinate) per
incidere Los Desastres de la Guerra. Sfogliando questo testamento di
disperazione, si può notare che Goya era già consapevole di produrre
"arte" dalle primissime lastre che incise intorno al 1810: queste
sono identificabili per le loro figure più piccole, i segni accurati e le
delicate gradazioni delle ombre. Gli uomini nudi e abbandonati in Se
aprovechan (16) e Enterrar y callar (18) sono resi con l'abilità e la
precisione anatomica che ci si aspetterebbe dal Direttore dell'accademia di
San Fernando. Nello svolgimento dei Desastres, tuttavia, Goya si sarebbe
liberato ad uno ad uno dei suoi preconcetti, dalle sue modalità stilistiche
fortemente radicate. Dieci anni più tardi, quando incise uno degli ultimi
lavori della serie, il frontespizio Tristes presentimientos de lo que ha de
acontecer, Goya non avrebbe lasciato a Munch, Kokoshka e agli altri
espressionisti del ventesimosecolo nient'altro da fare che divenire suoi
imitatori. Gli
intrighi immorali dell'imperatore francese e della corona spagnola che
portarono a tali disastri non c'interessano qui. Le intenzioni di Goya non
erano in alcun modo politiche. Mentre Goya procedeva nelle incisioni - di
gran lunga le più complesse in termini di revisioni e perfezionamenti - si
rendeva conto che il suo tema non era la sanguinaria ribellione della nativa
Zaragoza nel 1808 o la carestia a Madrid, 1810-11, ma piuttosto il come la
guerra svela la nuda verità della depravazione e della morte. Probabilmente
Goya non aveva intenzione di cambiare il titolo Fatales consequencias de la
sangrienta guerra en España con Buonaparte Y otros caprichos enfaticos poi,
semplicemente, in Los Desastres de la Guerra ma ciò fu tuttavia una buona
scelta. Non è del
tutto nota la cronologia dei Desastres: sembra che Goya abbia iniziato a
preparare i disegni durante il suo viaggio di ritorno da Zaragoza a Madrid
nell'inverno del 1808-09. L'unica data che appare su una lastra è del 1810.
Nel 1814, probabilmente, Goya si apprestava a pubblicare il primo gruppo di
56 lastre rappresentanti eventi di guerra ed episodi di carestia. Poiché
questi sono numerati dal 2 al 64 egli ne aveva evidentemente rimosse otto.
Doveva aver abbandonato questa idea quando furono chiare le intenzioni
assolutiste del re Ferdinando VII. Dopo il 1820 Goya ritornò alla serie,
incidendo la seconda parte, i fortemente satirici caprichos enfáticos, rimise
in ordine e numerò nuovamente la serie che ora racchiude 82 lastre. In questo
periodo approntò alcune nuove stampe da inserire nel gruppo primitivo, spesso
allo scopo di creare coppie di soggetti. Dopo la morte di Goya, le lastre di
rame furono ereditate dal figlio Javier che le conservò a Madrid fino alla sua
morte nel 1854. I Desastres de la Guerra nella collezione della Casa Natale
di Goya esposti ad Urbania, appartengono alla prima edizione la quale fu
pubblicata nel 1863 dall'Academia de San Fernando che ha comprato tutto ad
eccezione delle ultime due lastre. La titolazione è di Goya stesso, con le
correzioni dell'amico Juan Agustín Ceán Bermudez. Le uniche stampe dei
Desastres che furono stampate quando Goya era in vita sono le 493 prove, oggi
conservate in vari musei del mondo. Queste prove, insieme con i 62 disegni
preparatori che sono conosciuti e che sono conservati al Museo del Prado, ci
forniscono preziose informazioni sullo sviluppo dei suoi pensieri e saranno
occasionalmente menzionati nella breve scheda riferita alle singole stampe.
La serie comprende 82 lastre che l'artista divise in due gruppi: le Fatales
consequencias de la sangrienta guerra en España con Buonaparte, lastre 2-64,
eseguite nel periodo 1810-1814 e i caprichos enfaticos lastre 65-82
realizzate nel 1820 circa. Il frontespizio e le lastre 8, 28, 29, 40, 42, 45,
e 62 furono incise intorno al 1820 e inserite da Goya nel primo gruppo. Le
lastre in Fatales consequencias furono riordinate da Goya in sequenze
tematiche. In molti casi accoppiò due immagini, senza dubbio volute entrambe
come mezzo per sottolineare il messaggio e per aggiungere varietà al ritmo
con cui i Desastres si sviluppavano. Per la mia analisi del programma di Goya
ho adottato l'uso del termine "movimento"proposto da F.D.
Klingender, come se i Desastres fossero una suite musicale. L'introduzione [1]Il
frontespizio Tristes presentimientos de lo que ha de acontecer è l'originale
brillante reinterpretazione di Goya del tradizionale inizio di un libro o di
un preludio con una comunicazione diretta dell'autore al lettore. L'immagine
rappresenta una preghiera per una grazia che il postulante sa di non poter
vedere esaudita. E in questo modo Goya ci avverte che dovremo aspettarci il
peggio. Primo movimento [2-8]: CombattimentiLa serie si
apre, adeguatamente, con sette scene di battaglia tra gli invasori francesi e
i patrioti spagnoli insorti. L'occupazione di Madrid da parte dei francesi
provocò il 2 di maggio del 1808 una sanguinosa rivolta che fu repressa con
esecuzioni in massa di civili il giorno successivo, un evento commemorato da
Goya nel dipinto Los Tres de Mayo (Museo del Prado, Madrid). Dopo la caduta
del governo spagnolo e dell'esercito regolare, la Guerra Peninsulare
(chiamata così dagli inglesi che intervennero nel conflitto) contro gli
occupanti francesi fu condotta con la tecnica della guerriglia. Piccole
bande locali di patrioti spagnoli chiamate juntas attaccarono gruppi isolati
di soldati francesi - uccidendoli il più in fretta possibile per poi fuggire
in cerca di salvezza. I guerriglieri spagnoli non disponevano neppure delle
pur minime vettovaglie o armi e combatterono con attrezzi da campagna e
persino a mani nude. I francesi cercarono di schiacciare l'insurrezione con
feroci rappresaglie, torture e aggressioni contro la popolazione, senza fare
distinzione alcuna tra la popolazione civile e coloro che combattevano. Con razon o
sin ella [2] e Lo mismo [3] sono una coppia di lastre nelle quali contadini
armati di coltelli ed asce si oppongono a soldati francesi. La prima è simile
alla composizione del dipinto Tres de Mayo ad eccezione che qui gli spagnoli
sono rappresentati mentre combattono attivamente; Goya chiarisce, comunque,
che l'esito sarebbe stato lo stesso. Lo mismo fa da complemento alla sua
coppia, perché mostra, in contrasto, gli spagnoli che momentaneamente
prevalgono. Secondo
tutti gli osservatori, i contributi e i sacrifici delle donne spagnole furono
stupefacenti. Le donne sono le protagoniste di tre delle prime sette scene di
combattimento. Sicuramente Que valor! [7], la storia di Agustina de Aragón, è
l'unica lastra dei Desastres che può essere considerata eroica nello spirito.
Quando i francesi furono sul punto di far breccia nelle mura della città,
Agustina de Aragón camminò sopra i cadaveri di una compagnia di artiglieria
distrutta e diede fuoco al cannone che arrestò l'avanzata del nemico. Il
poeta Lord Byron quando visitava Siviglia nel luglio del 1809 incontrò
Agustina de Aragón e annotò che "camminava quotidianamente sul Prado,
portando le sue medaglie e decorazioni, per ordine della Junta" ed
incluse riferimenti alla "Fanciulla di Saragossa" nel suo
"Pellegrinaggio del giovane Aroldo" (I, liv-lvi) .Goya tuttavia si
premurò di non concludere questo "movimento" con una nota
ascendente: inserì qui Siempre sucede [8], una stampa del 1820 circa, che
raffigura la sterile disfatta di una carica di cavalleria. Secondo Movimento [9-19]: Assalto e RappresagliaUn trio di
violenti assalti, No quieren, Tampoco, Ni por esas [9-11], i cui titoli si
connettono in sequenza come tersi pronunciamenti di un coro greco, presenta
il tema del movimento seguente. Ni por esas [11] è composto con i sopra-toni
di un Massacro degli innocenti con la differenza che i soldati stanno
assassinando donne e bambini. La torre della chiesa sullo sfondo dimostra che
Goya intendeva alludere alla vecchia tradizione di violenza contro le donne.
Questo capitolo termina, in verità, con Ya no hay tiempo [19] nel quale un
assalto ad una famiglia viene interrotto perché non c'è tempo a sufficienza
per portare a termine le violenze che si intendevano compiere. Le
rappresaglie - assassinio legalizzato - da entrambe le parti, sono il
soggetto di Duro es el paso e Y no hai remedio [14-15]. La prima è
un'esecuzione per impiccagione con la piena cooperazione di un imperturbabile
prete. Questa prima stampa è generalmente interpretata come un riferimento al
massacro di centinaia di francesi residenti a Valencia nella prima settimana
della rivolta del giugno del 1808, ma potrebbe anche alludere all'esecuzione
dei collaboratori spagnoli. La seconda scena illustra un plotone di
esecuzione mentre elimina degli spagnoli. Il disegno preparatorio al museo
del Prado mostra che la prima idea di Goya era stata quella di includere la
figura di un prete che reggeva una piccola croce. Terzo Movimento [20-27]: I mortiIl tema di
questa lunga sezione centrale era già stato annunciato dal tetro Enterrar y
callar [18] che Goya aveva posto verso la fine del precedente movimento.
"Seppelliteli e andate in pace" potrebbe essere il sottotitolo dei
Desastres. Come Goya ci mostra lastra dopo lastra, i campi, gli ospedali, le
strade erano disseminati di cadaveri in putrefazione - troppi per essere
rimossi. Alle vittime provocate dalla battaglia si erano aggiunte quelle
causate dal tifo epidemico che era scoppiato nel febbraio del 1809, dopo il
secondo assedio di Zaragoza. Guardando il seppellimento in massa in Caridad
[27], è impossibile scoprire come le persone fossero morte, questo sembra
essere il messaggio. La vera ironia del titolo è che la sepoltura dei morti è
una delle sette opere di misericordia, e perciò di carità, ma coloro che
lavorano sono ben lungi dall'essere mossi da pietà. Quarto Movimento [28-39]: Assassinio e MutilazioneIn questa sezione "la cupa visione dell'ineluttabile depravazione" di Goya raggiunge il profondo . Il tema è angosciosamente semplice: Goya documenta in queste lastre i modi bestiali usati dai combattenti per torturare e umiliare le loro vittime. Le persone sono percosse a morte [28-29], uccise da bombe [30], impiccate [31, 36], strangolate [32], giustiziate con la garrotta [34, 35], evirate [33, 39], impalate[37], fucilate [38] e decapitate [39]. L'agghiacciante
capitolo si apre con un paio di acqueforti incise da Goya a questo scopo nel
1820, Populacho e Lo merecia [28-29]. I morti trascinati sulle strade erano
forse stati collaborazionisti francesi e nobili o persino gli stessi
capo-popolo, un evento comune nei tumultuosi mesi del maggio e del giugno
1808. Come i titoli rivelano sarcasticamente, una folla viene presa dal
desiderio di sangue senza che esista alcuna relazione razionale con i
"crimini" che devono essere puniti. Neppure la legge marziale, a
parte il nome, è in qualche modo diversa, commenta Goya in Por una navaja e
No se puede saber por qué [34-35] forse le due immagini più laceranti di
questa serie. Le vittime sono state sadicamente giustiziate con la garrotta
in pubblico per aver trasgredito alla proibizione di portare un coltello o
una spada, esibite come insulto intorno al collo delle vittime. Bárbaros! [38]
si propone in modo ironico - come nella maggior parte dei titoli con il punto
esclamativo - perché le esecuzioni con un plotone sono comparativamente
"umane". Interludio [40]: Qualche vantaggio si otterràLa lastra
40 fu inserita da Goya nel periodo post-bellico, 1820 circa, per separare il
precedente movimento, Assassinio e Mutilazione, dal seguente, Fuga. Qualche
vantaggio si otterrà rappresenta un uomo che sta lottando per sconfiggere la
bestia della guerra. Sebbene la rappresentazione simbolica e l'ampia tecnica
di incisione siano analoghe a quelle dei caprichos enfaticos, l'ottimismo
morale dell'incisione è eccezionale nel contesto dei Desastres. Quinto movimento [41-45]: FugaEscapan
entre las llamas [41] rappresenta civili, molti dei quali feriti, che fuggono
una conflagrazione terribile. Questa lastra è di solito messa in relazione
con l'incendio che distrusse l'ospedale di Zaragoza la notte del 2 agosto
1808. A destra, l'uomo che regge un vecchio sulle spalle richiama il motivo
classico di Enea e Anchise che fuggono da Troia in fiamme un altro rimando di
Goya al fatto che tali catastrofi si sono succedute da tempi immemorabili. La sorte
del clero e della religione sono trattati in Todo va revuelto and Tambien
esto [42-43]. Goya incise la prima [42], che rappresenta alcuni domenicani
apparentemente turbati, per appaiarla con l'incisione 43, che mostra la fuga
di parecchi frati francescani tonsurati. Nel disegno preparatorio di Goya per
questa stampa, le vesti dei due francescani in primo piano si sollevano per
rivelare che essi indossavano normali mutande. In questa stampa, l'artista
allunga la veste per rendere questo motivo - di intento satirico, secondo
Sayre- meno evidente. Yo lo vi
[44] è dedicato all'esodo in massa di civili in fuga dai loro villaggi
devastati. Almeno 15.000 contadini si rifugiarono a Zaragoza negli ultimi
anni del 1808 e Goya doveva aver visto innumerevoli scene strazianti di
questo tipo. Quando preparava la pubblicazione dei Desastres tra il 1820 e il
1823, egli incise Y esto tambien [45] per abbinare i temi dei rifugiati. Interludio
[46-47]: Morte e Spoliazione di un sacerdote Esto es
malo e Así sucedió [46-47] costituiscono una descrizione intensamente
controllata dell'assassinio di un religioso, la cui cotta bianca lo indica
forse come appartenente all'Ordine Mercedario, e il sacco della sua chiesa
compiuto dai soldati francesi. Il loro bottino sono gli oggetti più sacri
nella liturgia cristian: l'ostensorio e la croce. Quando l'esercito francese
finalmente si ritirò dalla Spagna, essi misero apertamente in vendita la loro
preda ad un valore irrisorio nelle strade di Pamplona e in altre città del
nord. Sesto movimento [48-64]: La CarestiaLa carestia
fu l'inevitabile conseguenza dello spostamento e della morte di così tanti contadini.
Una reazione a catena di denutrizione si propagò attraverso la Spagna nel
1811, arrivando con una forza letale entro settembre a Madrid. Gli undici
mesi seguenti - solo l'arrivo di Wellington nell'agosto del 1812 portò
qualche sollievo - furono conosciuti come el año del hambre. La prima
parte dei Desastres si conclude con La Carestia che è il movimento più lungo
senza dubbio perché tratta interamente di eventi di cui Goya era stato
diretto testimone. Ciò nonostante, il sipario urbano di Madrid è scarsamente
delineato. L'artista preferì ambientare le sue osservazioni della sofferenza
e della morte su un piano metafisico, solitamente avvolto nell'oscurità. Un titolo
come Io ho visto sembrò probabilmente superfluo in questo contesto, poiché
egli aveva visto tutto e di più. Si son de otro linage [61] non è detto,
probabilmente, per tracciare una distinzione sociale tra le vittime della
fame e i cittadini privilegiati. Goya apparteneva, dopo tutto, a quest'ultima
classe poiché la sua posizione favorita a corte lo risparmiava dalle
privazioni. Lo scopo della stampa è il mettere in ridicolo le persone che
tentavano di allontanare la sofferenza causata da ciò che vedevano col
convincersi che coloro che soffrivano non erano dei veri esseri umani simili
a loro. Settimo Movimento [65-82]: caprichos enfáticosI caprichos
enfáticos concludono il gruppo; queste lastre furono aggiunte da Goya intorno
al 1820-23, più di 10 anni dopo i conflitti e la carestia del 1808-1812 che
inspirarono i desastres. I suoi temi sono, da ricondursi perciò, agli anni
dopo l'ascesa di Ferdinando VII nel 1814. Queste scene allegoriche sono
essenzialmente una continuazione - in una chiave ancora più cupa - dei
Disparates o Proverbios del 1816 circa. L'uso degli animali che incarnano gli
umani vizi sono, infatti, la caratteristica dei proverbi. El buitre carnívoro
[76] paragona l'uomo a un mostruoso rapace. No saben el camino [70] è la
riedizione di Goya della famosa allegoria di Brueghel del "cieco che
guida il cieco". Solo la prima stampa, Qué alboroto es este [65], è
paragonabile nella composizione e nel tema ai precedenti Desastres. I caprichos
enfáticos non hanno nulla in comune con i piacevolmente satirici Caprichos
del 1799 che avevano decretato la fama di Goya in Europa. I caprichos
enfáticos sono quasi insopportabilmente pessimistici: l'inganno, l'ipocrisia
e la superstizione dominano la terra. Non rimane nulla ad eccezione del Nada.
Ello dirá [69], una potente immagine espressionista che può essere
considerata la diretta traduzione su stampa delle pinturas negras di Goya di
quegli stessi anni. Per il Goya ammalato ed anziano, "murió la
verdad" [79], e l'ambiguo "si resucitará" [80]. La serie
finisce, tuttavia, con una flebile nota consolatoria: con Esto es lo
verdadero [82] Goya ci propone la sua filosofia del potere redentore della
natura. Ad un contadino viene mostrato da una fulgida Abbondanza un paesaggio
pastorale pieno dei frutti della terra. |