I Disastri della Guerra di Goya: una suite visuale
Goya: I Disastri 1. Tristi presentimenti di ciò che accadrà Un uomo inginocchiato e supplicante,
vestito di stracci, si umilia e guarda verso l'alto; lo circonda un paesaggio
non meno angosciante la cui oscurità (fisica e simbolica) sembra popolata da
esseri mostruosi, preludi della non-ragione che verrà. Goya secolarizza la
tradizionale iconografia di Gesú nell'Orto degli Ulivi (risorsa impiegata
anche nella stampa 16) e dipinge Che quadro penoso presentava la Spagna negli
anni 1806 e 1807! Con che tinte scure, con che immagini lugubri Tacito
avrebbe dipinto la triste situazione di questa agonizzante monarchia, se
avesse scritto la storia dei suoi disastri! (anonimo, Valencia, 1809). 2. Con o senza la ragione Un plotone di soldati napoleonici si
appresta a fucilare un paio di patrioti spagnoli che si difende fino alla
morte (quello in primo piano imbraccia una lancia e sfodera un coltello
mentre il sangue scorre sul suo viso). Tra i personaggi sullo sfondo, la
lotta continua. Persa la ragione, facoltà che secondo gli Illuministi modera
le passioni, l'uomo si trasforma in una bestia, appellativo applicabile ad
entrambi i bandi (la macchina per uccidere professionista e impersonale dei
francesi contrapposta a quella dei patrioti, provvisti solo di armi bianche). 3. Idem Il titolo fa riferimento alla stampa
precedente, con il dominio dell'assenza di ragione. Un patriota il cui volto
ricorda la fisionomia di un pazzo brandisce orribilmente la sua ascia.
"Amiamo ciecamente la nostra patria fino alla pazzia" fu un detto
dell'epoca (M. Freyre, 1810). La "pazzia" per la patria farà che
egli giustizi il soldato francese caduto ai suoi piedi nonostante le
suppliche sue e del suo compagno. Sullo sfondo, un altro spagnolo si appresta
ad assestare una bella coltellata al nemico. La drammaticità della scena
sfiora il patetismo, una delle categorie estetiche più preminenti della
modernità. 4. Le donne infondono coraggio Una donna assesta una stoccata
mortale a un soldato napoleonico mentre la compagna si difende come può dal
nemico che la afferra per i capelli. È una visione drammatica, basata su
numerose fonti storiche, della partecipazione femminile alla guerra,
posizione estrema in un'attività tradizionalmente riservata all'uomo. 5. E sono feroci In questa stampa, Goya critica gli
effetti irrazionali che produce nelle classi deboli e meno preparate la
disperazione, stato passionale che può spingere alla più pura e sfrenata
aggressione, come quella della donna che, per difendere suo figlio, ferisce
mortalmente un francese con una lancia. Ma la disperazione può anche
indirizzarsi contro se stessi se non si raggiunge l'obiettivo, come ricordano
i trattatisti dell'epoca; così, a sinistra, si vede una donna pronta ad
immolarsi come Lucrezia. Pietre, coltelli, spade e lance non sono sufficienti
a combattere un esercito professionista e ben attrezzato come quello che
appare nella stampa. Titolo e acquaforte continuano il senso della
precedente. 6. Ti ci sta proprio bene Un militare napoleonico agonizza
circondato dai suoi compagni in pieno campo di battaglia il cui fragore si
osserva sullo sfondo, nel gruppo a sinistra. Con un particolare impiego della
grammatica, Goya ironizza sulla gloria non raggiunta da molti militari, morti
anonimi alla fin fine. La lastra è firmata nell'angolo inferiore sinistro. 7. Che coraggio! Antitesi della stampa 5, la ragione
-e non la disperazione- governa la tranquilla azione di accendere la miccia
del cannone che seminerà la morte tra le fila del nemico. Ci vuole coraggio,
virtù che si appoggia fisicamente e simbolicamente sul mucchio di cadaveri
dei difensori che servono da appoggio all'anonima donna artigliere. Essa
rappresenta tutte le eroine della guerra (e non Agostina d'Aragona in
particolare, sebbene la scena si ispiri direttamente alla sua impresa) e
perciò gira la schiena allo spettatore nascondendo il volto, che di scorcio
diventa irriconoscibile per effetto dell'abbondante tratteggio
dell'acquaforte. Tale significazione esemplare ed emblematica, Goya la
concepì con chiarezza sin dal principio, come dimostrano i due disegni
preparatori (Gassier 168 e 169). 8. Succede sempre Un corazziere o dragone napoleonico
cade con grande strepito sul campo con il suo cavallo; dietro a questo
sfacelo, un gruppo di cavalieri passa al galoppo. Attraversare così città e paesi
dominati o i loro dintorni fu un'abitudine normale per gli occupanti
francesi; il cavallo al galoppo è utilizzato come simbolo di forza e di
dominazione. Ma questa velocità può portare fatali conseguenze come quella
rappresentata nella lastra, che potrebbe alludere velatamente alla sconfitta
di Bailén (22 luglio del 1808). 9. Non vogliono Un soldato napoleonico cerca di
violentare una fanciulla. Confidando nella solitudine dei paraggi (una casa
rurale isolata, sensazione suggerita dalla primitiva noria sulla sinistra) ha
abbassato la guardia e non vede che un'anziana si avvicina con un pugnale. La
violenza sessuale è un tema ricorrente degli orrori della guerra e appare in
altre stampe della serie come anche nelle incisioni di altri artisti.
L'efficacia plastica della scena si basa sulla lotta della ragazza con il
soldato (bianco su nero, pittorico e allo stesso tempo simbolico), che
allontana mettendogli una mano sulla faccia. La vecchia, al contrario, è
ispirata all'iconografia teatrale dell'epoca. 10. Nemmeno loro Reiterazione del tema della stampa
precedente, dove si è inaugurata la descrizione degli orrori della guerra. In
un drammatico groviglio di corpi, una donna si difende come una fiera
dall'assalto dei soldati napoleonici. Firma capovolta nell'angolo inferiore
destro. 11. Neanche così Tema simile a quello delle due
acqueforti precedenti. Un militare napoleonico trascina sotto un portico o
una grotta oscura una madre, che lascia abbandonata al suolo la sua
figlioletta; sullo sfondo un altro soldato cerca di violentare una donna, che
lo supplica senza successo; sulla sinistra si osserva la sagoma di un eremo o
di una chiesa. La drammaticità della scena è sottolineata dalla diagonale che
formano i personaggi in primo piano e dall'uso teatrale della luce. Firmata
nell'angolo inferiore sinistro. 12. Per questo siete nati Nell'ambito della rappresentazione
degli orrori della guerra e dopo la rappresentazione della violenza sulle
donne, Goya incide la prima serie di corpi senza vita (cfr. 22 e 23), tra i
quali si alza un uomo che, vomitando sangue dalla bocca, presto si unirà a
loro. L'utilizzazione di un paesaggio desolato senz'altro orizzonte che
quello della morte rafforza il suo patetismo. 13. Amara presenza Amara presenza quella dell'uomo
legato, di spalle a sinistra, probabilmente il marito della donna che, al
centro della composizione, due soldati napoleonici cercano di violentare;
sulla destra, un altro militare giace con una donna, parente dei due. I
porticati collegano questa scena allo stupro della stampa 11, Neanche così,
fatto che conferisce agli spazi architettonici di questa serie un valore
drammatico più che compositivo. Goya incise questo Disastro riutilizzando il
dorso di metà della lastra originale del paesaggio con roccia e edifici
(anteriore al 1810; Harris, 23); l'altra metà fu impiegata nel Disastro 15.
Firmata nell'angolo inferiore sinistro. 14. Com'è duro il passaggio! Un condannato alla forca è condotto
su una scala con l'aiuto di tre gendarmi; al tempo stesso, un frate cerca di
confortare spiritualmente il reo. Due impiccati oscillano sullo sfondo; sulla
destra un altro reo sembra prepararsi per il passaggio. Come nella scena
seguente, Goya cerca di trasmettere la sensazione di simultaneità della
morte. Questa volta, la pena capitale è inflitta a presunti
collaborazionisti, secondo gli articoli II e III di un Decreto dell'inizio
del 1809. Goya incise questo Disastro riutilizzando il dorso di metà della
lastra originale del paesaggio con roccia e cascata (Harris, 24); l'altra
metà fu impiegata nel Disastro 30. 15. E non c'è rimedio Un prigioniero spagnolo sta per morire
fucilato dalle truppe napoleoniche; dietro di lui, un compagno muore per la
raffica di un secondo plotone; ai piedi del protagonista, giace morto un
altro patriota. Goya riesce così a trasmettere la sensazione della
simultaneità della morte, nello spazio e nel tempo, continuazione del tema
trattato nell'incisione precedente. La macchina per uccidere della guerra
-anonima come le canne dei fucili che si vedono sulla sinistra della stampa-
è costante, non si può fermare … e non c'è rimedio. Goya incise questo
Disastro riutilizzando il dorso di metà della lastra originale del paesaggio
con roccia e edifici (anteriore al 1810; Harris, 23); l'altra metà fu
impiegata nel Disastro 13. 16. Ne approfittano Due soldati napoleonici sottraggono
gli abiti ai prigionieri morti. Triste bottino di cui approfittano questi
militari; il cadavere che giace al centro presenta una secolarizzazione del
tema evangelico della Deposizione del Cristo morto, risorsa già utilizzata
nella prima stampa. Firmata nell'angolo inferiore sinistro. 17. Non convergono In mezzo al fragore della battaglia,
suggerito dai "corpo a corpo" e dai morti sulla destra, due
ufficiali napoleonici non si mettono d'accordo rispetto agli ordini cui
devono dar corso: in definitiva, non convergono. Firmata due volte: la prima,
quasi nascosta sotto il cavallo, vicino al margine; la seconda, sotto il
fucile del soldato morto, a destra. 18. Seppellire e tacere Una coppia sconsolata si tura il naso
per non annusare il fetore che sprigiona il mucchio di cadaveri maleodoranti ammucchiato
ai loro piedi, tutti denudati da quelli che ne approfittano. La morte, nello
spettacolo di desolazione, è la protagonista della stampa, una delle più
patetiche e di miglior risoluzione plastica della serie. La composizione ha a
che vedere con quella della stampa 60. Firmata vicino al margine inferiore
sinistro. 19. Non c'è più tempo Un ufficiale mamelucco, per
ristabilire la disciplina o per avvisare della vicinanza del nemico, provoca
il cessare della violenza sulle donne perpetrata dalla soldataglia: non c'è
più tempo. Gli uomini che le difendevano sono morti; a quello sulla destra,
agonizzante, un mamelucco si dispone ad infliggere un colpo con la sciabola,
azione che la presenza dell'ufficiale pare interrompere. Firmata nell'angolo
inferiore sinistro, sotto la gamba del soldato napoleonico. 20. Curarli e poi avanti! Soldati francesi feriti, quasi
moribondi, vengono curati per tornare rapidamente al fronte. Completano la
scena un paesaggio di cadaveri e una natura patetica come la malattia dei
militari: il profilo degli alberi mostra i rami simbolicamente rotti (cfr. 16
Ne approfittano). La composizione del soldato ferito sulla sinistra sembra
preludiare quella della tela Goya accudito da Arrieta (Minneapolis Institute
of Arts, USA, 1820) e contemporaneamente secolarizza l'iconografia della
Pietà cristiana. Firmata e datata 1810 in basso a sinistra, seminascoste dal
tratteggio dell'acquaforte. 21 Sarà la stessa cosa Due uomini ammucchiano i cadaveri di
un gruppo di guerriglieri morti in qualche azione (si osservi la cartucciera
di uno di loro), mentre una donna piange amaramente queste morti. Il
significato della lastra non è chiaro: domina nuovamente il patetismo della
morte, affermato dall'espressività della luce. Firmata due volte nell'angolo
inferiore sinistro. 22 Tanto e più 23 La stessa cosa altrove 24 Potranno servire ancora Un gruppo di militari spagnoli ha
appena finito di combattere vicino a una fortezza; i feriti, che
rappresentano piuttosto dei morti, sono recuperati dai civili. Se guariscono,
potranno servire ancora. Firmata nell'angolo inferiore sinistro. 25 Anche questi Continuazione della stampa precedente.
Questa volta l'azione ha luogo in un ospedale di campagna in cui oltre ai
malati è rappresentata la morte. Notevole è l'insieme dei personaggi -vivi,
convalescenti o morti- rappresentati di scorcio, che conferiscono alla scena
una paradossale dinamicità. Firmata vicino al margine laterale sinistro. 26 Non si può guardare Fucilazione di un gruppo di patrioti,
uomini, donne e bambini. Come in altre scene della serie, l'azione
-illuminata da una luce espressiva, non naturalista- avviene in una grotta,
senza che si vedano gli attori dell'esecuzione (è l'anonimato della macchina
per uccidere); appaiono però le punte delle baionette (cfr. 15 E non c'è
rimedio). Firmata nella parte inferiore sinistra, parzialmente nascosta dal
tratteggio dell'acquaforte. 27 Carità Continuazione del tema della stampa
18 Seppellire e tacere. I cadaveri già vittima della spoliazione (cfr. 16 Ne
approfittano) vengono ora buttati, nudi, in una tenebrosa fossa comune. Se
nell'acquaforte 18 si alludeva a questioni di salubrità (l'uomo che si turava
il naso), qui si fa riferimento -forse con ironia- alla virtù della carità.
Firmata e datata nel 1810, nell'angolo inferiore sinistro. 28 Popolino Un presunto traditore, dopo essere
stato trascinato per le strade, è bastonato da una coppia con la connivenza
del volgo, tra cui spicca un ecclesiastico con copricapo. Goya chiama con
spregio popolino questa gente, che consente gesti simili, con cui dimostra la
stessa barbarie del nemico. Tadeo González Mateo scrive sulla Gaceta del 16
ottobre 1808: "Convinciti che non ci si può aspettare niente di buono da
crimini ed eccessi; tutto è negativo e controproducente per la patria: chi
prova piacere a trascinare vivo un uomo che non conosce fino a fargli perdere
la vita tra le pietre […]". 29 Se lo meritava Continuazione della stampa
precedente, questa volta con un senso di ironica approvazione. Nelle due
acqueforti Goya reitera il tema della mancanza di ragione, che può provocare
nell'uomo la bestialità più assoluta (cfr. 2 Con o senza la ragione e 3
Idem). La violenza fisica che sembra evincersi dalla scena non è meno vivida
della descrizione di González Mateo: "chi gioisce nel vedere scorrere il
suo sangue [dell'uomo trascinato], ascolta con serenità se non con piacere i
suoi ultimi lamenti e sospiri e conclude il suo feroce divertimento
riempiendo di carne umana i buchi delle strade e bruciando il resto per
spargerne le ceneri, è capace di commettere più atrocità di quante se ne
possano immaginare". 30 Stragi di guerra Una bomba ha distrutto una casa e ha
provocato un'esplosione di ciò che conteneva; il corpo di una giovane donna
cade su un mucchio di cadaveri dilaniati dallo scoppio. Ispirata agli
avvenimenti del primo assedio di Saragozza, la scena creata da Goya è
convincente e piena di drammaticità. Firmata nella parte inferiore sinistra,
non visibile per il tratteggio. Goya incise questo Disastro riutilizzando il
retro della metà della lastra originale del paesaggio con roccia e cascata
(Harris, 24); l'altra metà fu impiegata nel Disastro 14. 31 Che affronto! Un soldato napoleonico, visibilmente
indignato, si appresta a tagliare con la sua spada le corde da cui pendono
tre presunti collaboratori impiccati dai patrioti spagnoli; alle sue spalle
un militare sostiene le gambe del giustiziato per attutirne la caduta. Come
in altre stampe della serie (cfr. 32, 33, 37, ecc.) l'albero sovverte la sua
significazione di elemento piacevole della natura per trasformarsi in
strumento di tortura. Sulla sinistra, un altro soldato sostiene una donna
mentre un secondo militare si scaglia su di lei, in un gruppo confuso e mal
risolto. 32 Perché? Tre militari napoleonici impiccano un
patriota. La crudeltà dell'azione è condensata nel volto agonico e nei
capelli increspati del disgraziato spagnolo che viene soffocato nel modo più
patetico: due soldati lo tirano per le gambe mentre un terzo lo spinge con il
piede appoggiato sulla sua spalla; tutti fanno forza e tirano il corpo legato
all'albero, nuovamente trasformato in strumento di tortura. La tensione della
scena è trasmessa mediante una composizione dinamica basata su diagonali. 33 Che altro si può fare? Un gruppo di mamelucchi trattiene per
le gambe un prigioniero nudo che un altro soldato sta per mutilare
all'inguine. Altri corpi mutilati appaiono nelle stampe 37 Questo è peggio e
39 Gran impresa, con morti! Per Goya tutta queste serie di crudelissimi atti
di barbarie è provocata dall'eclisse della ragione, che trasforma l'uomo in
bestia (cfr. anche la stampa 2 Con o senza la ragione). 34 Per un coltello La garrota fu generalizzata come
metodo di esecuzione dal re intruso Giuseppe I nel 1809. Il suo utilizzo,
risalente a epoche lontane, era già stato anteriormente illustrato da Goya
nella stampa El agarrotado (1778-1780), ma in questo contesto dei Disastri
raggiunge una nuova dimensione critica. Il possesso di un'insignificante arma
bianca (il coltello appeso al petto del reo, sopra il testo della sentenza)
può condurre un uomo qualunque, magari neanche un patriota, al patibolo.
Comunque, regolarmente assistito dall'ausilio della religione (il crocefisso
tra le mani). Il popolo contempla impotente la pena, tra i singhiozzi. 35 Non si può sapere perché Un gruppo di spagnoli è stato
giustiziato con la garrota, forse per l'illecito possesso delle armi che
pendono dal loro collo o per essere delle spie, nel caso di coloro che hanno
solo il foglio indicante il delitto. Poiché tali colpe erano considerate
gravi e dunque motivo sufficiente per l'esecuzione -come indicano editti e
sentenze- i volti dei giustiziati, con il loro aspetto di poveri diavoli,
permettono a Goya di ironizzare sulla presunta giustizia francese, che
pretende di non perseguire altri scopi se non "che i buoni riposino
protetti dalle leggi, che i cattivi temano il castigo e ciò serva a tutti da
esempio" (Gaceta de Madrid, 8 febbraio 1810). 36 Neanche qui Il titolo della stampa continua il
senso della precedente: Neanche qui si può sapere perché. Un presunto
guerrigliero pende impiccato con la sua cintura da un albero secco (il motivo
della simultaneità della morte ritorna, con gli impiccati sullo sfondo). Al
vituperio di una morte considerata infame -dal 1809 si generalizzò il metodo
della garrota- si aggiungono i calzoni abbassati. In contrasto con la
drammaticità della pena, spicca l'atteggiamento tra il malinconico e il
meditabondo del polacco -paradigma dell'orrore e dello spirito sanguinario
tra le file napoleoniche-, unico elemento vivo presente nella scena.
L'indolenza dell'essere umano davanti agli orrori della guerra porta a una
sorta di patetismo assente dalla stampa che probabilmente servì a Goya come
fonte d'ispirazione diretta: l'incisione 11 de Les Misères et les Malheurs de
la Guerre di J. Callot (1611). 37 Questo è peggio Un prigioniero spagnolo nudo è stato
impalato a un albero secco e mutilato agli arti superiori; sullo sfondo, in
un piano inferiore, nascosti in parte, due militari napoleonici, l'uno armato
di sciabola, l'altro di coltello, sembrano mutilare un prigioniero. Sulla
sinistra, un militare trascina un cadavere verso il gruppo. Questa
acquaforte, che rappresenta la barbarie francese, ha il suo contrappunto
nella 39 Gran impresa, con morti!, dove si espone quella dei patrioti. In
entrambi, l'albero diventa oggetto di tortura (cfr. 32 Perché?). 38 Barbari! Due archibugieri napoleonici si
apprestano a fucilare, alle spalle e legato a un albero, un prigioniero; in
un secondo piano inferiore -impiegato anche nella precedente stampa- il resto
del distaccamento contempla la scena. Il titolo assegnato da Goya non lascia
dubbi sull'intenzionalità di tutto il gruppo di acqueforti (32-39): Barbari! 39 Gran impresa, con morti! I cadaveri mutilati (i due a sinistra
sono stati evirati) che pendono dall'albero vanno identificati con i tre
presunti traditori. La morte disonorevole (forca, sgozzamento, ecc.) e la
successiva mutilazione delle membra per l'esibizione pubblica per strada o in
luoghi di passaggio costituì una pratica selvaggia del popolino
"patriota" contro coloro che venivano sommariamente indicati come
traditori. Di ciò si sono occupati anche gazzettini e memoriali dell'epoca.
Goya si scaglia di nuovo contro l'ignoranza, presentando alla riflessione
dello spettatore questo "monumento di barbarie e di atrocità". La
firma Goya appare incisa nell'angolo inferiore sinistro. 40 Qualche vantaggio otterrà Un uomo scalzo, rappresentazione del
popolo spagnolo impoverito, lotta contro il Bull Dog britannico che soffia
mostrando i suoi affilati canini. Gli alleati britannici con Wellington in
testa qualche vantaggio otterranno dal loro intervento armato nella Guerra
d'Indipendenza (Peninsular War), come lamenta la stampa dell'epoca, che menziona
distruzioni e saccheggi inutili causati dalle truppe alleate. Questa
acquaforte segna un punto di inflessione nella metà della serie. 41 Fuggono tra le fiamme Come nella stampa 30 Stragi di
guerra, Goya torna qui a mostrare gli effetti drammatici di un bombardamento,
mirabilmente suggerito dal bagliore sullo sfondo che profila i cadaveri
dell'orizzonte; si riconoscono anche due piedi nudi, come nella stampa 18
Seppellire e tacere. In rapporto alla stampa precedente, si potrebbe
interpretare questo incendio come quello prodotto dalla distruzione della
cosiddetta "Casa della Cina", manifattura reale di porcellane del
Buen Retiro distrutta dagli inglesi. Firmata nell'angolo inferiore sinistro,
nascosta dal tratteggio. 42 Tutto è sottosopra Un gruppo di frati domenicani e
cappuccini corre in tutte le direzioni: in fondo, a sinistra, uno porta una
borsa ben piena, a destra un altro monaco contempla lo stemma del Sant'Uffizio
(la spada e il ramoscello d'ulivo). Tutto è sottosopra, secondo gli
interessati, per la soppressione dell'Inquisizione, il 4 dicembre 1808, ad
opera dell'intruso Giuseppe I. 43 Anche questo Continuazione della precedente. Frati
di vari ordini vagano in uno spazio agreste: alcuni corrono (i francescani in
primo piano), altri conversano o semplicemente si riposano, come quelli sullo
sfondo, a destra. L'acquaforte è una chiara allusione al decreto di
soppressione degli ordini regolari da parte di Giuseppe I, il 18 agosto 1809. 44 Io l'ho visto Gente di varia indole, dietro ad un
sacerdote con una borsa, abbandona precipitosamente per paura degli invasori
il paese di cui si vedono le case sullo sfondo. Scene come questa le avrà
viste Goya durante il viaggio a Saragozza o a Piedrahita durante la guerra.
Ciò nonostante, la frase io l'ho visto è un luogo comune nella retorica
dell'epoca, insufficiente perciò a dare obiettività di episodio concreto alla
scena. Firmata nell'angolo inferiore sinistro. 45 Anche questo Continuazione del tema precedente, la
composizione si sofferma su un particolare della gente in fuga che porta con
sé alcuni beni, i figli e anche alcuni animali, come il maiale della
sinistra. L'abbandono delle proprie case dietro l'annuncio dell'invasione
francese fu un fenomeno generalizzato che obbligò a prendere rigidi
provvedimenti nei confronti degli abitanti di tali nuclei. Firmata
nell'angolo inferiore sinistro. 46 Mal fatto Un soldato napoleonico uccide un
frate con una sciabolata, davanti agli occhi impassibili di due commilitoni;
dietro all'aggressore giace morto, di scorcio, un altro monaco. Questa scena
ha a che vedere con la seguente: entrambe descrivono "le infamie della
religione profanata e le ricchezze rubate alle chiese" cui fanno
costante riferimento le gazzette dell'epoca. 47 Accadde così Due soldati di Bonaparte rubano il
tesoro di una chiesa: vari candelabri, un calice, una croce per le processioni,
un'immagine della Vergine con corona d'argento, ecc. Gli anonimi ladri
fuggono piegati sotto il peso del bottino, lasciando dietro di sé un frate
accasciato contro una balconata per il dolore causato dalla ferita infertagli
al ventre, dovuta forse alla sua resistenza a consegnare loro i preziosi. Il
saccheggio dei templi fu frequente e le gazzette e i pulpiti spesso lo
lamentarono. Goya però non mostra l'identità dei ladri, ritraendoli alla fine
della loro malefatta. 48 Pena crudele! Un uomo in piedi a capo scoperto
contempla un gruppo di cadaveri distesi al suolo, in un paesaggio
pateticamente desolato; tra loro, una madre stringe al ventre il suo
figliolo, probabilmente morto. La scena possiede una soluzione compositiva
simile a quella della stampa 18 Seppellire e tacere. A partire da questa
stampa e fino all'inizio dei Capricci enfatici (dall'acquaforte 65 alla fine)
Goya presenta una nuova serie delle fatali conseguenze della guerra: la fame
e le sue correlate, la malattia e la morte. 49 Carità di una donna Una donna completamente coperta porta
un piatto con cibo ad un gruppo di mendicanti, alla presenza di un'altra
donna e di un obeso sacerdote. A partire dal 1811, la fame fu un fatto
generalizzato tanto a Madrid come nel resto della Penisola; nonostante le
misure benefiche adottate nella capitale dal re intruso, non fu possibile
palliare la penuria, al punto che si richiese la collaborazione dei privati,
come mostra questa scena, che si può mettere in rapporto tematico con la 59 A
che serve una tazza? 50 Madre infelice! Una giovane madre morta è condotta
via da tre uomini, tra le lacrime della sua figlioletta, che segue il corteo
funebre. Sullo sfondo, un'altra moribonda seguirà le sorti della precedente.
Goya ricorre nuovamente ad una composizione in un luogo solitario e
tenebroso, in cui una luce espressiva, non naturalista, inonda le tristi
figure dei protagonisti. 51 Grazie alla cicerchia Alcuni indigenti di ambo i sessi si
dirigono con le loro scodelle verso una donna completamente coperta che
distribuisce cibo a base di farina di cicerchia, come spiega il titolo.
Questo legume, i cui grani hanno una forma che ricorda i denti ("denti
di morto", da cui deriva l'etimo della parola in spagnolo), era
solitamente usata come mangime per animali a causa del suo basso prezzo, ma
la guerra fece di questo prodotto il sostentamento dei più bisognosi. Firmata
nell'angolo inferiore sinistro, nell'ombreggiato, quasi nascosta dal
tratteggio dell'acquaforte e dell'acquatinta brunita. 52 Non arrivano in tempo Un'anziana (identica alla
caritatevole protagonista delle stampe 49 e 51) sostiene per le ascelle, con
l'aiuto di una giovane, una madre morta, al cui soccorso non arrivano in
tempo. Sullo sfondo, un uomo col cappello giace morto al suolo. La
composizione è un'altra secolarizzazione della Pietà. 53 Spirò senza rimedio La persona morta che spirò senza rimedio
non è visibile per lo spettatore, poiché rimane nascosta dalle sei persone
che la circondano, in una tipica scena di strada (si osservi la giovane
servetta con la cesta della spesa, interrotta nella sua mansione). Il tema
patetico della morte, reiterato in questa stampa, è presentato con una
teatralità cui contribuisce la luce espressiva. 54 Clamori invano Invano si alzano i clamori del gruppo
di bisognosi sulla sinistra al passaggio delle persone più abbienti, come la
figura dell'ufficiale napoleonico che, altivo, baffuto e con bicorno non
presta attenzione ai lamenti di quei poveri scheletriti ammucchiati all'ombra
del tetto di un misero edificio. "[…] le case, le strade, i templi, tutto
risuona dei clamori di addolorati e di bisognosi […]" scrive la Gaceta
de Madrid l'8 maggio 1812. 55 La cosa peggiore è dover chiedere La guerra ha portato la fame,
specialmente nei grandi centri come Madrid. Un gruppo di uomini affamati
contempla una giovane prostituta che passa davanti a loro senza guardarli;
sullo sfondo, un baffuto soldato napoleonico guarda la donna. Nel disegno
preliminare (Gassier 204) la meretrice, accompagnata da una mezzana, è condotta
via da un soldato napoleonico e le figure scheletriche alzano la mano in
segno di richiesta. Nell'acquaforte, Goya ha semplificato la composizione,
rendendo meno evidente l'azione della giovane, che non critica. La firma
dell'artista è "imboscata" nell'erba dell'angolo inferiore sinistro
(la "G" è capovolta). 56 Al cimitero Due uomini conducono al cimitero un
cadavere, come spiega il titolo. Sullo sfondo, una madre con il suo figliolo,
ricordo iconografico della Vergine con Bambino. I morti a Madrid furono così
tanti che i servizi pubblici non erano sufficienti a raccogliere e seppellire
i cadaveri. Di nuovo Goya secolarizza una iconografia cristiana, La sepoltura
di Cristo. C'è una reminiscenza della Deposizione di Caravaggio a Santa Maria
in Vallicella a Roma che Goya forse vide nell'originale o in una copia,
oppure in una delle molte incisioni che la riprodussero. 57 Sani e malati La carestia provocata dalla guerra
ridusse la dieta dei più indigenti all'ingestione di solo pane. Rapidamente
sorsero speculatori che fabbricavano l'alimento con farine di diversi tipi e
condizioni, producendo un pane non sano. Il risultato fu che la popolazione
di Madrid dovette sopportare anche questa difficoltà. Goya rappresenta sani e
malati in uno spazio architettonico circondato da luci ed ombre, le stesse
per ogni gruppo. Nella retorica dell'epoca, l'aggettivo sano si applicava
anche, in entrambi i bandi (bonapartisti e patrioti) alla parte della nazione
spagnola legittima e antagonista dell'altra, il che conferisce alla stampa
una doppia lettura politica. 58 Non bisogna gridare Non bisogna gridare né lamentarsi
affinché i francesi sullo sfondo non sentano. Essi sono elegantemente
vestiti: quello di spalle con un carrik (specie di mantella) e cappello, gli
ufficiali sullo sfondo con bicorni alla moda. È evidente il contrasto tra il
patetismo della miseria in primo piano e l'eleganza dei dominatori, nemmeno
sfiorati dalla carestia, sullo sfondo; interessante variazione tematica
dell'acquaforte 54, Clamori invano. 59 A che serve una tazza? Una donna aiuta con una grossa tazza
di cibo una giovane madre agonizzante, il cui viso stravolto è sostenuto da
una donna più anziana; intorno ci sono dei cadaveri, tra i quali si
riconoscono anche dei bambini. La scena è presentata in un paesaggio
desolato, con un'illuminazione tenebrosa per effetto dell'acquatinta molto
ampia. L'ormai inutile carità della donna (A che serve una tazza, se è
moribonda?) è in rapporto tematico con la stampa 49 Carità di una donna. 60 Nessuno li aiuta Una coppia di adulti e una di
bambini, tutti morti o in agonia, distesi a terra per l'inanizione, provocano
la disperazione di un povero affamato che si porta le mani al viso con
orrore. Gli effetti della fame, visibili nell'incisione scheletrica delle
estremità, hanno prodotto questa situazione terminale. Il patetismo della
scena è stato rafforzato da Goya presentando questi indigenti in mezzo a un
deserto, lontano dai centri di beneficenza delle città e da altri tipi di aiuti.
Con lo sfondo ottenuto dalla brunitura dell'acquatinta si crea l'impressione
di un'alba, che le povere persone non vedranno mai. 61 Sono di un altro lignaggio Un gruppo di poveri, tra cui spicca
il più indigente nell'atto di tendere la mano per chiedere la carità, si
oppone simmetricamente a un gruppo di borghesi. Quello con il bicorno,
elegante e alla moda, rappresenta la classe speculatrice, arricchitasi con la
guerra, come ebbe a scrivere la Gaceta de Madrid nel 1812: "Abbiamo
visto sorgere dal nulla colossi di potere e di ricchezza; abbiamo visto altri
che prima nuotavano nell'opulenza ammantarsi dell'indigenza". Questi
ultimi sono forse rappresentati dal borghese col cappello, serio e
invecchiato, che Goya colloca su un piano inferiore nella stampa, per
mostrare la sua inferiorità sociale rispetto al nuovo ricco che peraltro gira
la schiena ai poveri, perché a loro non può prendere nulla, come se fossero
di un altro lignaggio o di altra condizione umana. Tra i personaggi che
dialogano si nota il viso di una bella giovane che guarda fissamente verso lo
spettatore, avulsa da tutto e da tutti. 62 I letti della morte I morti coperti da un lenzuolo si
ammucchiano in attesa della sepoltura. Tra questi letti della morte deambula
una persona coperta da un lenzuolo stracciato, con cui si protegge dal fetore
della putrefazione (si pensi alla figura femminile della stampa 18 Seppellire
e tacere). 63 Cadaveri recuperati 64 Sui carri al cimitero Alcuni uomini caricano su un carro
pieno di corpi senza vita il cadavere di una bella giovane il cui gracile
corpo suscita commozione; dietro di loro, altri funzionari radunano ancora
dei morti. Nelle sue memorie, Mesonero Romanos ricorda che a quell'epoca a
Madrid il numero dei morti d'inedia e di malattie era così alto che i carri
municipali passavano anche due volte al giorno a raccogliere i cadaveri
lasciati nelle chiese o per le strade. 65 Che è questa confusione? La spiegazione della stampa non è
molto chiara, giacché a cominciare da questa il linguaggio impiegato da Goya
è quello simbolico proprio dei capricci enfatici. Un militare interrompe il suo
compito di annotare qualcosa sui fogli per osservare due donne attaccate da
cani furiosi; sullo sfondo, altre persone sembrano formare una coda.
L'insieme potrebbe fare riferimento all'evaquazione di Madrid per l'imminente
entrata delle truppe alleate guidate da Wellington. 66 Strana devozione! Un asino porta un'urna nella quale
giace il corpo incorrotto di un personaggio venerando; intorno, i devoti che
assistono alla processione s'inginocchiano e pregano davanti alla reliquia.
L'asino è simbolo di ignoranza e di stupidità; seguendo certi apologhi
dell'epoca (di Samaniego o di Ibáñez de la Rentería) si potrebbe interpretare
la stampa come una satira morale contro la vanità, intendendo che l'asino
(paradigma letterario della stoltezza) creda di essere l'oggetto della
venerazione della folla. Goya comunque sta anche criticando velatamente la
sottomissione del popolo ad usi e costumi dell'Ancien Régime -in particolare
quelli della Chiesa (il cadavere venerato, appunto)-, frutto dell'ignoranza
(l'asino), tema che peraltro ricorre nei Desastres. Questo capriccio enfatico
è da mettere in rapporto con il seguente. 67 Questa non lo è meno Un terzetto di vecchi aristocratici,
vestito alla moda del Settecento, sorregge un'immagine di cui si vede la
piattaforma e l'armatura. La processione continua e un altro personaggio
sorregge una seconda immagine. Le due vergini rappresentate sono quelle della
Soledad e di Atocha (in secondo piano). Criticando questa strana devozione
Goya sottolinea il potere del clero e il suo atteggiamento reazionario, fonte
continua di lotte tra i cosiddetti serviles e i liberali. 68 Che pazzia! Un frate si appresta a defecare dopo
aver mangiato, come denota il cucchiaio della mano destra; guarda a destra,
nella direzione di un gruppo di maschere vicino a un orinale; a sinistra,
sono visibili una pila disordinata di stampe devote (una Vergine, la
miracolosa apparizione di un'altra), ex voto di cera e reali (ad esempio, dei
pantaloni vicino a una stampella), un manichino con abiti femminili … Sullo
sfondo, in penombra, altri frati vanno in processione. Questo capriccio
enfatico critica -come il 66 e il 67- le ataviche abitudini religiose
dell'Ancien Régime; il frate vive da signore grazie all'ignoranza dei fedeli
creduloni e superstiziosi (gli ex voto e le immagini sulla destra) e alla manipolazione
(le maschere) che la chiericaglia fa di tali caratteristiche del popolino. 69 Niente. Si vedrà La Morte scrive infine Niente (titolo
nichilista dato da Goya, alterato dall'Accademia di San Fernando nella prima
edizione), vinta da un esercito di spettri, tra cui spicca per effetto
dell'illuminazione un chierico con testa da cane, simbolo dell'avarizia; la
Morte sostiene una corona di paglia, simbolo della gloria passeggera del potere.
Nell'estremo opposto, la Giustizia legge ignara, mentre sostiene la sua
caratteristica bilancia e risplende nel suo debole alone di luce. Questo
disastro simboleggia il regresso politico e sociale dovuto al ritorno del
Deseado, dopo le speranze e le aspettative della guerra d'Indipendenza; della
Giustizia non resta che il nome. Quest'incisione si può mettere in rapporto
con una popolare vanitas barocca di Valdés Leal, Finis gloriae mundi,
probabilmente contemplata da Goya a Siviglia, nel 1790. 70 Non conoscono la strada In fila indiana e uniti per il collo,
avanza un gruppo di uomini costituito da nobili (uno con tricorno, parrucca
con il codino, calzoni corti e casacca, moda più che obsoleta all'epoca in
cui l'artista fece quest'incisione), da monaci (con l'abito bianco), da preti
(con il tipico copricapo) e da altri. A testa bassa, attraversano un
paesaggio impervio e chi li guida sembra cieco. Non conoscono il cammino
costituzionale, sembra la spiegazione più soddisfacente. La corda di
reazionari ha spiegazioni bibliche (Giobbe 12: 24-25; Matteo 15: 14; Luca 6:
39) ma costituisce anche un luogo comune della letteratura liberale;
Gallardo, amico di Goya, scrive infatti: "I sentieri della virtù,
affinchè possiamo seguirli bene, devono essere illuminati dalla luce della
sapienza; l'intendimento guida la volontà: con gli occhi bendati e la catena
ai piedi non si possono fare molti passi nel cammino della perfezione". 71 Contro il bene comune Un frate con ali da pipistrello
(vampiro) e unghie lunghe (simbolo dell'avarizia) scrive su un gran libro,
mentre alza la mano sinistra e dirige il dito indice verso l'alto (il cielo,
Dio); sta seduto su un'antica sedia del Seicento (antiquata come il suo
pensiero), mentre i piedi appoggiano su una grande boccia, simbolo dell'orbe.
Dietro di lui, un gruppo di personaggi (il popolo) si affligge e si dispera.
Goya critica apertamente il clero reazionario che con più potere di prima
della guerra "vampirizza" il popolo ignorante e si instaura
nuovamente nei vecchi privilegi che questo amanuense ecclesiastico scrive per
disegno divino "contro il bene comune", come dicevano i liberali
dell'epoca. L'intenzione di questa stampa si estende ai Disastri 72 e 73. 72 I risultati In rapporto con la precedente
incisione, un uomo disteso, quasi esanime, agonizza mentre un paio di vampiri
gli succhiano il poco sangue che gli resta; alle sue spalle, si avvicina un
intero stormo di vampiri. Sono questi i risultati della restaurazione
dell'Ancien Régime in Spagna. L'azione dei vampiri è metafora delle imposte
reintrodotte da Ferdinando VII e specialmente quelle ecclesiastiche, che
"succhiano il sangue" alla popolazione, ancora oberata dalla
miseria del dopoguerra. 73 Pantomima gattesca Un frate s'inginocchia servilmente
davanti a un gatto acquattato su un'ara, intorno al quale svolazza un gufo.
Nell'oscurità, sullo sfondo, altri personaggi osservano la scena. Goya
utilizza il linguaggio degli apologhi per plasmare questa pantomima gattesca;
il gatto (agile predatore, simbolo del furto) è il re che su uno sgabello
(fusione plastica di Trono e Altare) riceve il consiglio del gufo che qui per
antitesi rappresenta l'ignoranza e non la saggezza. Intorno, ha i suoi
consiglieri umani, tra i quali è ben visibile il frate in primo piano e un
altro in secondo piano; tali personaggi rappresentano la conosciuta corte di
Ferdinando VII, avvolta metaforicamente e plasticamente nell'oscurità.
Partendo dal testo di Casti questa scena si potrebbe anche interpretare come
il tribunale costituito per l'epurazione politica, dove la delazione era
all'ordine del giorno (il gatto sarebbe dunque un confidente circondato da
spie). 74 Questa è la cosa peggiore! Una volpe firma un decreto, aiutata
da un ecclesiastico inginocchiato che sostiene il calamaio, in presenza di
una folla eterogenea tra cui spicca, a sinistra, un prigioniero vestito di
stracci e con le mani legate. Le parole scritte sul foglio sono: Misera
umanità/ la colpa è tua/ Casti (strofa 57, canto XXI). Questo autore italiano,
probabilmente letto da Goya (realizzò anche un suo disegno, Gassier 1813),
scrisse: "È fuor di dubbio che il genere umano prova simpatia per la
schiavitù; a che pro sprecare il fiato in vane parole? Se si trova bene con
la schiavitù, che non la molli". 75 Riunione di ciarlatani L'uccello rapace del centro,
inginocchiato, è vestito in abiti ecclesiastici; dietro di lui, appare un
gruppo di figure animalesche, una delle quali ha una maschera sulla nuca.
L'interpretazione non è chiara, ma potrebbe rappresentare il cardinale Luigi
Maria di Borbone (figlio dell'infante Luigi di Borbone e dell'aragonese
Teresa Ballabriga, antichi protettori del giovane Goya) che, sebbene fosse
simpatizzante dei liberali, riconobbe come re Ferdinando VII ancor prima del
giuramento alla Costituzione, quando fu ufficialmente ricevuto a Valencia.
L'uccello porta la tiara dei persiani, che allude all'adulatore Manifesto dei
Persiani presentato al re dai deputati conservatori. Le figure sullo sfondo
rappresenterebbero la corte reale. 76 L'avvoltoio carnivoro Un colossale avvoltoio è spinto da un
uomo provvisto di forca; a sua volta, costui è seguito da una folla
eterogenea per sesso e condizione (civili, ecclesiastici…); alcune persone
sorridono allegramente. L'avvoltoio rappresenta le truppe francesi espulse
dal popolo; i versi del poeta Arriaza nella Profezia dei Pirenei (1808)
offrono la chiave: "E fugge tra i tuoi guerrieri/ come in stormo di
carnivori avvoltoi". La caduta di Napoleone implicò la firma da parte di
Ferdinando VII del manifesto del 4 maggio 1814 e la ripresa delle lotte tra
servili e liberali. 77 Si romperà la corda! Un ecclesiastico cammina in
equilibrio sulla corda, che sta per cedere sotto il suo peso, davanti
all'attento pubblico che contempla la scena; uno spettatore segnala con il dito
il punto di rottura della fune. Nel disegno preliminare (Gassier, 225) il
dignitario dell'incisione è chiaramente papa Pio VII, con tiara e inguantato.
Ancora una volta, il bersaglio di Goya è la Chiesa, in particolare il sommo
potere temporale, Pio VII, che incoronò Napoleone a Parigi e si espresse a
favore del regime teocratico restaurato da Ferdinando VII. 78 Si difende bene Un branco di lupi attacca un cavallo,
che si difende come può, davanti a quattro impassibili mastini. Il cavallo
bianco rappresenterebbe il popolo libero (la Spagna liberale) assediato dai
reazionari nemici -i lupi- che appoggiano Ferdinando VII, sotto gli occhi di
quattro cani da guardia, uno dei quali guarda dall'altra parte. Come in altri
capricci enfatici, Goya si rifà qui al linguaggio della parabola mediante
personaggi da apologo (cfr. 73, Pantomima gattesca, 74 Questa è la cosa
peggiore, 75 Riunione di ciarlatani e 76 L'avvoltoio carnivoro). 79 La Verità è morta Una donna giovane e bella, coronata
d'alloro e a seno nudo, simbolo della Costituzione e della Verità, giace
morta ai piedi di un nutrito gruppo di ecclesiastici e di frati, uno dei
quali si appresta impaziente a scagliare sul cadavere la prima palata di
terra. Presiede la sepoltura un vescovo che, lungi dal benedire il cadavere,
segnala il cielo come se si trattasse di un disegno divino (lo stesso
atteggiamento del Disastro 71 Contro il bene comune). A destra, la Giustizia
piange sconsolata la morte della Verità (Ferdinando VII eliminò nel 1814 la
Costituzione); la bilancia, suo attributo, resta prigioniera. La luce
soprannaturale che irradia la Verità non è naturalista e i personaggi che
partecipano alla scena sono illuminati o nella penombra, in funzione del loro
ruolo espressivo. 80 Resusciterà? Continuazione della stampa
precedente. La Costituzione sembra tornare in vita: ha mosso la testa e
sembra che cerchi di alzarsi; la sua luce, poi, non si è spenta. Nessuna
pietra tombale può contenerla. Nonostante ciò, i nemici che la minacciano
sono ancora potenti; nella penombra, un gruppo di ecclesiastici, alcuni con
testa d'animale (a sinistra spicca un sacerdote con copricapo e faccia
porcina), si prepara ad ucciderla nuovamente: uno la minaccia con un
volumaccio e il frate sulla destra brandisce un palo mentre raccoglie una
pietra; sullo sfondo, svolazzano vari vampiri. L'alone della Verità illumina
un personaggio che prega per la risurrezione. |