I disastri della Guerra |
1. Tristi presentimenti
di ciò che accadrà Acquaforte, puntasecca, bulino e brunitoio. 178 x 220
mm. |
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Un uomo inginocchiato e supplicante,
vestito di stracci, si umilia e guarda verso l'alto; lo circonda un paesaggio
non meno angosciante la cui oscurità (fisica e simbolica) sembra popolata da
esseri mostruosi, preludi della non-ragione che verrà. Goya secolarizza la
tradizionale iconografia di Gesú nell'Orto degli Ulivi (risorsa impiegata
anche nella stampa 16) e dipinge Che quadro penoso presentava la Spagna negli
anni 1806 e 1807! Con che tinte scure, con che immagini lugubri Tacito
avrebbe dipinto la triste situazione di questa agonizzante monarchia, se
avesse scritto la storia dei suoi disastri! (anonimo, Valencia, 1809). |
2. Con o senza la ragione |
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Un plotone di soldati napoleonici si
appresta a fucilare un paio di patrioti spagnoli che si difende fino alla
morte (quello in primo piano imbraccia una lancia e sfodera un coltello mentre
il sangue scorre sul suo viso). Tra i personaggi sullo sfondo, la lotta
continua. Persa la ragione, facoltà che secondo gli Illuministi modera le
passioni, l'uomo si trasforma in una bestia, appellativo applicabile ad
entrambe le bande (la macchina per uccidere professionista e impersonale dei
francesi contrapposta a quella dei patrioti, provvisti solo di armi bianche). |
3. Idem |
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Il titolo fa riferimento alla stampa precedente,
con il dominio dell'assenza di ragione. Un patriota il cui volto ricorda la
fisionomia di un pazzo brandisce orribilmente la sua ascia. "Amiamo
ciecamente la nostra patria fino alla pazzia" fu un detto dell'epoca (M.
Freyre, 1810). La "pazzia" per la patria farà che egli giustizi il
soldato francese caduto ai suoi piedi nonostante le suppliche sue e del suo
compagno. Sullo sfondo, un altro spagnolo si appresta ad assestare una bella
coltellata al nemico. La drammaticità della scena sfiora il patetismo, una
delle categorie estetiche più preminenti della modernità. |
4. Le donne infondono coraggio |
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Una donna assesta una stoccata mortale
a un soldato napoleonico mentre la compagna si difende come può dal nemico
che la afferra per i capelli. È una visione drammatica, basata su numerose
fonti storiche, della partecipazione femminile alla guerra, posizione estrema
in un'attività tradizionalmente riservata all'uomo. |
5. E sono feroci |
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In questa stampa, Goya critica gli
effetti irrazionali che produce nelle classi deboli e meno preparate la disperazione,
stato passionale che può spingere alla più pura e sfrenata aggressione, come
quella della donna che, per difendere suo figlio, ferisce mortalmente un
francese con una lancia. Ma la disperazione può anche indirizzarsi contro se
stessi se non si raggiunge l'obiettivo, come ricordano i trattatisti
dell'epoca; così, a sinistra, si vede una donna pronta ad immolarsi come
Lucrezia. Pietre, coltelli, spade e lance non sono sufficienti a combattere
un esercito professionista e ben attrezzato come quello che appare nella
stampa. Titolo e acquaforte continuano il senso della precedente. |
6. Ti ci sta proprio bene |
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Un militare napoleonico agonizza
circondato dai suoi compagni in pieno campo di battaglia il cui fragore si
osserva sullo sfondo, nel gruppo a sinistra. Con un particolare impiego della
grammatica, Goya ironizza sulla gloria non raggiunta da molti militari, morti
anonimi alla fin fine. La lastra è firmata nell'angolo inferiore sinistro. |
7. Che
coraggio! Acquaforte,
acquatinta, puntasecca, bulino e brunitoio. 158 x 209 mm. |
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Antitesi della stampa 5, la ragione
-e non la disperazione- governa la tranquilla azione di accendere la miccia del
cannone che seminerà la morte tra le fila del nemico. Ci vuole coraggio,
virtù che si appoggia fisicamente e simbolicamente sul mucchio di cadaveri
dei difensori che servono da appoggio all'anonima donna artigliere. Essa
rappresenta tutte le eroine della guerra (e non Agostina d'Aragona in
particolare, sebbene la scena si ispiri direttamente alla sua impresa) e
perciò gira la schiena allo spettatore nascondendo il volto, che di scorcio
diventa irriconoscibile per effetto dell'abbondante tratteggio dell'acquaforte.
Tale significazione esemplare ed emblematica, Goya la concepì con chiarezza
sin dal principio, come dimostrano i due disegni preparatori (Gassier 168 e
169). |
8. Succede sempre Acquaforte e
puntasecca. 178 x 219 mm. |
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Un corazziere o dragone napoleonico
cade con grande strepito sul campo con il suo cavallo; dietro a questo
sfacelo, un gruppo di cavalieri passa al galoppo. Attraversare così città e
paesi dominati o i loro dintorni fu un'abitudine normale per gli occupanti
francesi; il cavallo al galoppo è utilizzato come simbolo di forza e di
dominazione. Ma questa velocità può portare fatali conseguenze come quella
rappresentata nella lastra, che potrebbe alludere velatamente alla sconfitta
di Bailén (22 luglio del 1808). |
9. Non vogliono Acquaforte,
acquatinta, puntasecca e bulino. 156 x 209 mm. |
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Un soldato napoleonico cerca di
violentare una fanciulla. Confidando nella solitudine dei paraggi (una casa rurale
isolata, sensazione suggerita dalla primitiva noria sulla sinistra) ha
abbassato la guardia e non vede che un'anziana si avvicina con un pugnale. La
violenza sessuale è un tema ricorrente degli orrori della guerra e appare in
altre stampe della serie come anche nelle incisioni di altri artisti.
L'efficacia plastica della scena si basa sulla lotta della ragazza con il
soldato (bianco su nero, pittorico e allo stesso tempo simbolico), che
allontana mettendogli una mano sulla faccia. La vecchia, al contrario, è
ispirata all'iconografia teatrale dell'epoca. |
10. Nemmeno loro Acquaforte e
bulino. 150 x 219 mm. |
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Reiterazione del tema della stampa
precedente, dove si è inaugurata la descrizione degli orrori della guerra. In
un drammatico groviglio di corpi, una donna si difende come una fiera
dall'assalto dei soldati napoleonici. Firma capovolta nell'angolo inferiore
destro. |